Azioni anti-sondaggi nel mirino

Gennaio 2010: Ltf chiede di indagare sulle responsabilità dei blocchi

 

di Massimiliano Borgia da Luna Nuova del 14/9/10 – pag. 2

 

Sui costi dei due sondaggi mai realizzati nell'area dell'autoporto di Susa, pagati da Ltf oltre 164mila euro, la stessa Ltf rimanda agli accertamenti della magistratura. «Per quanto concerne i fatti connessi con le indagini geognostiche – si legge in una nota – la nostra società ha provveduto ad interessare la magistratura per l'accertamento di eventuali responsabi­lità inerenti al maggior costo sopportato per l'esecuzione dei sondaggi».

 

Prima dell'alba del 12 gennaio i tec­nici di Ltf e i funzionari della questura si presentarono al blocco dei manifestanti all'ingresso dell'autoporto dalla statale 25 chiedendo se erano consapevoli delle conseguenze civili e penali di quella manifestazione. Successivamente era stata diffusa la notizia della segnalazione alla procura da parte della questura di alcuni nomi di persone che parteciparono a quel blocco. Tra questi, amministratori e attivisti No Tav.

 

La stessa cosa è avvenuta per i blocchi dell'autostrada. La Sitaf in un primo mo­mento aveva dichiarato che non avrebbe proceduto alla denuncia. Invece poi lo ha fatto lamentando danni per l'interruzione del traffico ma soprattutto per i mancati introiti da quei veicoli che, informati per tempo del blocco, avevano scelto altri itinerari.

 

Quella mattina i sondaggi non si svol­sero. Iniziarono invece la mattina succes­siva a Collegno, Torino e Orbassano. E nell'area Sitaf iniziarono una settimana dopo: tre carotaggi che sono durati dai tre giorni a una settimana, terminati a febbraio. Per i sondaggi a casa sua la Sitaf dichiara per bocca del presidente Giuseppe Cerutti di non avere pattuito con Ltf nessun compenso particolare. «Abbiamo dovuto semplicemente sottostare al decreto di occupazione temporanea - ricorda - Cosa ci verrà dato di indennizzo lo vedremo, ma a differenza di Consepi per i sondaggi non abbiamo subito interruzioni della nostra attività».

 

Ma i No Tav non ci stanno a vedersi addossata la colpa di un costo cosi alto per l'utilizzo degli spazi di Consepi pagato con fondi pubblici. E la contromossa è l’esposto all'ufficio speciale dell'Unione europea che si occupa di indagare sul­l'uso corretto dei fondi europei. Alberto Perino, Alberto Veggio e Paolo Prieri ricordano che in quei giorni l'area del­l'autoporto non ha mai smesso di essere operativa, almeno nella parte dedicata ai servizi per l'autotrasporto. «Se avessero davvero voluto effettuare quei carotaggi - affermano - Avrebbero agito come per i tre dell'area Sitaf lì vicino. Avrebbero chiuso tutta la zona e avrebbero lavorato tranquillamente. Invece si sono presentati il primo giorno e poi lì non li abbiamo mai più visti. Ma i tir hanno sempre continuato ad entrare nell'autoporto. Il ristorante e il bar hanno sempre lavo­rato, visto che anche noi ci andavamo a mangiare e a prendere il caffè. Se avessero voluto svolgere le lezioni di guida sicura avrebbero potuto farlo benissimo. Non si capisce perché Consepi abbia chiesto un risar­cimento per la mancata attività».

 

In realtà i No Tav montarono quasi subito un presidio nel terreno adiacente la strada di accesso all'area Consepi e con la folla che sostava sulla strada giorno e notte di fatto rappresentavano un impedimento al transito, almeno un impedimento "psicologico": «Certo, abbiamo organizzato il nostro presidio per resistere meglio al freddo, ma non ab­biamo mai impedito ai mezzi di passare, chiedevamo soltanto che transitassero a passo d'uomo».