S. Ambrogio - Tav

E il “Fare” non viene messo ai voti. Fracchia: “Vince la partitocrazia”

 

di Norma Raimondo da Luna Nuova del 1/8/07 – pag. 17

 

S.Ambrogio - Votofobia, ov­vero paura di votare. E' la sindrome da cui, secondo il consigliere di minoranza Dario Fracchia, sarebbe afflitto il sindaco Bruno Allegro. A motivare quest' accusa il fatto che, nella seduta consiliare di lunedì sera convocata affin­ché gli amministratori potessero esprimersi sul Fare, il sindaco abbia impedito la messa ai voti del documento. «Come cittadino in primo luogo e poi come consigliere comunale - lamenta Fracchia - devo denunciare, con rammarico, che il consiglio comunale è stato svuotato del suo significato di organo rappresentativo della cit­tadinanza nel momento in cui, su un argomento di tale importanza per il futuro del nostro Comune, il sindaco sì è rifiutato di metterlo in votazione. In certi contesti le voci contrarie, seppure minoritarie, fanno paura perché l'ordine di scuderia è quello di dare l'imma­gine esterna di assoluta unanimità sulla questione Tav. L'obbligo di conformarsi al pensiero del partito dominante Sì Tav senza possibilità di posizioni intermedie o critiche, all'interno di alcuni partiti politici è ormai diventato un dogma di tale rilevanza che non si può dissentire salvo I’espulsione di chi è con­trario dal contesto democratico, che si chiami partito, consiglio o conferenza».

 

Fracchia è convinto che, du­rante la seduta consiliare santambrogese, si siano volute tarpare le ali a chi tentava di spiccare il volo per manifestare la propria contrarietà, dando un sonoro schiaffo alla trasparenza e de­mocrazia. «All'esterno le voci fuori dal coro rispetto al Tav non devono trapelare in nessun modo, tanto meno con un voto messo a verbale in una pubblica delibera, che costringerebbe tutti i consi­glieri a mettersi personalmente in gioco anche rispetto al mandato elettorale di quattro anni fa, che sul Tav aveva posizioni di netta contrarietà. Che fine ha fatto la politica rappresentativa quando gli argomenti scomodi come il Tav o non si portano mai nei consigli comunali o quelle rare volte non si mettono neppure in votazione? Cosa significa il silenzio totale della maggior parte dei colleghi consiglieri di maggioranza su un tema di questa importanza, salvo poi alzare la mano a comando secondo gli ordini di scuderia del partito o del sindaco non per esprimere un voto, ma un generico parere che non impegna come amministratori a risponderne? A chi serve quell'alzata dì mano silenziosa senza che abbia nean­che il significato di una presa di responsabilità personale e moti­vata di fronte agli elettori che un voto di delibera sempre prevede? Forse che stiamo scivolando senza rendercene conto dalla democra­zia alla partitocrazia anche nella piccola realtà del nostro Comune? E un consiglio comunale aperto su questo tema? Anche quello fa paura».