Maddalena: un fortino cintato con filo spinato

Militarizzata la zona degli scontri. Nei boschi si incontrano reparti speciali dell’Arma

 

di Massimiliano Borgia da Luna Nuova del 1/7/11 – pagg. 4-5

 

Forse l'immagine più emble­matica della nuova militarizzazio­ne della Mad­dalena è quella del dipendente dell’Iren, addetto alla sto­rica centrale di Chiomonte, che oggi fa parte di un progetto idroelettrico con i comuni di Chiomonte e Susa, che mercoledì era in attesa di autorizzazione per accedere alla "sua" centrale e nel frattempo doveva assistere pure alla perquisizione dell'auto di servizio. Nel cortile della centrale i carabinieri sono entrati per utilizzarlo come parcheggio dei mezzi e area logistica. Alla società del Comune di Torino non erano stati informati. La zona, tra l'altro, non ha un servizio di raccolta rifiuti.

 

Alla Maddalena possono salire solo i giornalisti e i cine-foto ope­ratori in possesso dell'accredito rilasciato precedentemente dall'uf­ficio stampa e vistati dall'ufficio di gabinetto del questore. Ma da ieri, i giornalisti non possono più entrare dentro il "fortino" della polizia. Per disposizioni della que­stura l'accesso «è limitato all'area esterna alla recinzione costituita ed esclusivamente nella fascia oraria compresa fra le ore 10,30 e 11,30 di ogni giorno». I giornalisti devono così farsi trovare presso il check-point della centrale elettrica per essere successivamente, in gruppo, accompagnati da personale delle forze di polizia. Naturalmente l'identità dei giornalisti e dei foto­grafi viene scrupolosamente con­trollata. Così come viene vagliato il titolo di accesso dei proprietari dei fondi che entrano solo dopo lunghe attese e perquisizioni in cui devono giustificare il trasporto di attrezzi agricoli da taglio e punta, decespugliatori e motoseghe con relativa benzina di scorta.

 

Agli amministratori di Chio­monte, compreso il vicesindaco, non è stato consentito l'accesso. Solo il sindaco può passare. La chiusura dell'area è attuata in forza dell'ordinanza prefettizia del 22 giugno, che, per assegnare l'area alle forze dell'ordine, ha previsto appunto il divieto di accesso a chiunque non ne abbia titolo, tra questi ci sono i proprietari dei soli fondi direttamente accessibili da via Avana ma solo per singole unità. Naturalmente non posso­no più salire nemmeno i clienti della cooperativa vinicola, i visi­tatori dell'area archeologica e gli escursionisti della via ferrata delle Gorge. E altrettanto naturalmente non possono salire i proprietari dei terreni acquistati dai NoTav, né alla Colombera né intorno alla baita abusiva, che rimane in piedi (ed è pure occupata). Ed è probabile che sarà così per anni.

 

L'area non è stata dichiarata "di interesse strategico". E per questo non è sottoposta a nessuna forma ufficiale di "militarizzazione". Per questo sarebbe stato necessario un decreto della presidenza del consiglio dei ministri, e per giunta si tratta di un'ipotesi esclusa dal ministro Maroni. Ma gli effetti di questo "presidio vasto" deciso dal prefetto e monitorato quasi quotidianamente dal Comitato pro­vinciale per l'ordine pubblico, sono di fatto equivalenti a quelli della creazione di un sito d'interesse militare. Provare a violarlo, significa incorrere nel reato di violazione di provvedimento di autorità (sempre che non si commettano anche altri reati).

 

La zona interdetta va dal ponte sulla Dora alla strada per Giaglione, ma quella strettamente occupata dalle forze dell'ordine corrisponde al piazzale del museo e della coope­rativa vinicola e all'intero parco ar­cheologico. L'area è stata appunto recintata con "recinzioni pesanti" e con recinzioni "leggere". Si tratta di reti quasi impossibili da tagliare in azioni rapide, alte tre metri, che sono molto simili alle recinzioni delle aree militari e doganali. Alla sommità hanno i montanti in ferro piegati verso l'esterno dove è stato fatto passare il filo spinato. Tutto intorno ci sono telecamere celate, mentre l'intera area è dominata da un'installazione video manovrata dalla centrale operativa allestita in quella che è ora la ex reception del museo archeologico.

 

Sull'autostrada e lungo il lato che da verso la baita NoTav ci sono i mezzi della polizia. Nei boschi stazionano, lungo i sentieri, di­versi agenti. In mezzo a cespugli e castagni, abbiamo notato muoversi furtivo e rapidissimo un gruppo specializzato in tenuta militare. Sono i Cacciatori di Calabria, reparto scelto dell'Arma dei ca­rabinieri. La specialità di questo corpo speciale preparatissimo e sempre perfettamente addestrato, come si legge sul sito dell'Arma, è la penetrazione nel territorio, che si concretizza in "infiltrazioni" diur­ne e notturne improvvise, rapide, nel cuore profondo ed impervio delle asperità montane; negli appostamenti mirati ad interventi diretti da posti di osservazione e allarme notturni, per la sorveglian­za di luoghi e persone sospetti, in assenza di una pianificazione d'in­tervento immediato; l'attesa e la cattura della "preda" (da qui deriva l'appellativo di "cacciatori"), che si identifica di solito in sequestratori o criminali latitanti. «L'elevato profilo professionale del reparto - si legge - scaturito da un'accurata specializzazione del personale, anche ai fini di una diversificazione operativa (tiratore scelto, rocciatore, ardimento, difesa personale, etc.) è in sintonia con uno standard d'intervento tipicamente militare, che prevede l'attuazione di tecni­che di controguerriglia proprie dei reparti speciali».

 

Il sindaco di Chiomonte, Renzo Pinard, ha chiesto ufficialmente al prefetto di rendere meno stringenti le maglie dei controlli per i chiomontini, ora che il malcontento cresce in paese. Proprio il sindaco aveva parlato di «militarizzazione del territorio imposta dai No Tav», quando c'era la "libera repubblica della Maddalena". Ma nella "libera repubblica", che aveva la base nei terreni legittimamente acquistati dai No Tav e nel piazzale della Maddalena affittato dalla Comunità montana, poteva entrare chiunque non si presentasse con una divisa o con le tute da lavoro della Italcoge. Adesso il sindaco chiede che non si passi a una militarizzazione vera e propria e soprattutto a carattere permanente.

 

Ma alla zona interdetta si aggiun­ge, da martedì, anche il nuovo pre­sidio No Tav sulla strada che porta alla Ramats. Montati un gazebo e una mostra sul progetto, i No Tav sono tornati a fare vita da presidio; mangiano, dormono, fanno assem­blee e hanno trasformato in spiag­gia libera una sponda della Dora in cui fanno i bagni come sul Gravio a Condove (quando non scarica la diga di Pont Ventoux). L'obiettivo è però realizzare un nuovo presidio nella spianata sul lato destro della Dora. Sono in corso le trattative con i propriètari per rimet­terlo m funzione, proprio appena fuori dall'area interdetta, prati idonei ma in una zona umida e avvolta dai miasmi del depuratore comunale.

 

Mentre continuano ad essere effettuate riprese video su questi manife­stanti, in buona parte di area antagonista e anarchica, in questura stanno visionando i filmati dello sgombero. L'obiettivo è identificare chi ha lanciato pietre, estintori e un'infi­nità di altro materiale sulle forze dell'ordine.