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Emergenza Covid in carcere, nuove misure per migliaia di detenuti

Superati i mille contagi, accordo della Procura generale della Cassazione con ministero e Regioni per aumentare gli arresti domiciliari.
Conte vedrà la radicale Bernardini che sospende lo sciopero della fame

 

di Giuseppe Salvalaggiulo da La Stampa del 15-12 2020

https://www.lastampa.it/politica/2020/12/15/news/emergenza-covid-in-carcere-nuove-misure-per-migliaia-di-detenuti-1.39663537

 

La situazione dei contagi nelle carceri italiani evolve sotto tre profili. I detenuti positivi crescono a un ritmo medio di dieci al giorno. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte incontra gli esponenti della società civile e la radicale Rita Bernardini, che chiedono provvedimenti più forti per ridurre la popolazione carceraria. E la Procura generale della Cassazione mette a punto un protocollo con le Regioni per garantire ad almeno mille detenuti un posto dove scontare la pena ai domiciliari, avendone il diritto.

 

Sono 1.030 (di cui 15 diagnosticati con il test all’ingresso) i positivi al coronavirus sui 53.052 detenuti: 951 (il 92%) asintomatici, 44 sintomatici in carcere, 35 ricoverati. Gli agenti della polizia penitenziaria positivi sono 754 (di cui 714 in isolamento a casa, 22 in caserma e 18 ricoverati) su 37.153. I dati sono contenuti nel report del ministero della Giustizia, aggiornato al 14 dicembre. Una settimana fa i detenuti positivi erano 958 su 53.294, gli agenti 810. Dall’inizio della pandemia sono morti 8 detenuti e 4 agenti. Solo in 19 penitenziari su 190 ci sono attualmente più di 10 casi. Il che fa ritenere al ministero che la situazione resti sotto controllo.

 

Non la pensa così Rita Bernardini, segretaria dell’associazione «Nessuno Tocchi Caino», che dall’inizio della pandemia denuncia l’inconciliabilità tra il cronico sovraffollamento carcerario e le esigenze di tutela sanitaria. A marzo le carceri ospitavano oltre 61mila detenuti, 11mila più della capienza ufficiale. In realtà, secondo Bernardini, circa 4mila posti censiti dal ministero non sono agibili, per cui la capienza reale è di 46mila posti e il sovraffollamento impedisce il distanziamento fisico, principale misura anti contagio.

 

Da marzo governo, Parlamento e magistratura hanno adottato diverse misure per ridurre l’impatto della pandemia sul sistema carcerario. Dal punto di vista organizzativo annullate le visite e i colloqui, ridotte le interazioni tra detenuti, protocolli per separare i positivi. Dal punto di vista normativo, ampliamento dei presupposti per il ricorso agli arresti domiciliari. Tre documenti della Procura generale della Cassazione hanno indicato «buone prassi» all’interno di «istituti processuali esistenti» per limitare gli ingressi nelle carceri alle situazioni caratterizzate da «pressanti esigenze di tutela» della sicurezza pubblica o delle vittime di reati. Ciò ha consentito, nei mesi del lockdown, di ridurre la popolazione carceraria da 61mila a circa 54mila detenuti, al netto delle polemiche per le scarcerazioni (poi parzialmente corrette con un decreto legge) di mafiosi o comunque di detenuti in regime di alta sicurezza.

 

Il decreto Ristori a fine ottobre ha introdotto la possibilità di uscire fino al 31 dicembre per chi ha un residuo di pena di 18 mesi e il permesso di non rientrare in cella di notte per i detenuti in semilibertà.

 

Secondo il Partito Radicale, che si è appellato anche al presidente della Repubblica Sergio Matterella, non basta. Chiede una liberazione anticipata speciale, passando dagli attuali 45 giorni scontati ogni semestre a 75 giorni, sorretta da buona condotta; per tutta la durata dell'emergenza, il blocco dell'esecutività delle sentenze passate in giudicato a meno che la Procura valuti che «il condannato possa mettere in pericolo la vita o l'incolumità delle persone»; un ulteriore allargamento della platea dei beneficiari della detenzione domiciliare speciale prevista nel decreto Ristori a coloro che devono scontare una pena (o un residuo) non superiore a 24 mesi, eliminando le esclusioni per i reati più gravi (limite, questo, voluto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede). Misure da prolungare almeno fino a fine gennaio.

 

Bernardini ha iniziato uno sciopero della fame all’inizio di novembre. A lei si è aggiunta la tesoriera del Partito Radicale Irene Testa. Poi il sociologo Luigi Manconi con gli scrittori Sandro Veronesi e Roberto Saviano. Infine 203 accademici e giuristi, 3877 detenuti e 653 cittadini liberi, in gran parte avvocati e parenti di detenuti.

 

Un paio di proposte sono state raccolte dal Parlamento con emendamenti del Pd al decreto Ristori, quindi altri 1.300 detenuti potranno non tornare a dormire in carcere.

 

Il 14 dicembre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ricevuto a Palazzo Chigi Manconi, Veronesi, l’ex magistrato Gherardo Colombo e l’ex presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick. L’indomani Bernardini ha interrotto, dopo 35 giorni, lo sciopero della fame «quale atto di fiducia nei confronti del presidente Conte» che la riceverà a Palazzo Chigi il 22 dicembre.

 

Nel frattempo il procuratore generale della Cassazione ha aperto un nuovo varco in collaborazione con ministero, Csm, magistrati di sorveglianza (competenti sull’esecuzione delle pene). Almeno duemila detenuti avrebbero diritto alla detenzione domiciliare, ma non possono esercitarlo perché privi di un «reale domicilio». Il che, scrive Salvi, oltre a «rappresentare un’inaccettabile discriminazione» su base economica e sociale, «comporta il paradosso che proprio i soggetti marginali e meno pericolosi vengono esclusi di fatto dai benefici» mentre il sistema carceri si preclude la possibilità di «consentire il distanziamento sociale senza che questo comporti la scarcerazione di persone maggiormente pericolose».

 

Precedenti iniziative si erano arenate (33 posti utilizzati su 250 disponibili) per difficoltà di diverso tipo: dal coordinamento delle diverse istituzioni alla difficoltà di garantire alloggi con assistenza e controlli sui detenuti. Ora il raccordo tra Regioni, ministero e magistrati dovrebbe consentire di creare in tempi rapidi i primi mille posti (in opere pie, comunità, enti no profit) per altrettanti detenuti, con sostentamento e assistenza di base.