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Emissioni di CO2 e TAV: qualche domanda all’Unione Europea

di Angelo Tartaglia da Volerelaluna del 10-03-2020

https://volerelaluna.it/tav/2020/03/10/emissioni-di-co2-e-tav-qualche-domanda-allunione-europea/

 

Per mitigare gli inevitabili impatti del cambiamento climatico globale in corso l’Unione Europea ha fissato obiettivi molto impegnativi da raggiungere. In termini fisici, l’obiettivo principale è quello di ridurre del 50% (fino a pochi giorni fa era 40%) il rilascio di CO2 nell’atmosfera entro il 2030 (come richiesto dai rapporti del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico, IPCC).

 

Ora, i grandi lavori per la costruzione di nuove infrastrutture di trasporto, durante la fase di realizzazione, rilasciano grandi quantità di gas serra. Nel caso della nuova ferrovia che dovrebbe collegare Torino a Lione attraverso le Alpi occidentali, il promotore pubblico TELT valuta che durante i dieci anni dall’inizio dello scavo della galleria di base lunga 57,5 km, verrebbe immessa in atmosfera una quantità totale di poco meno di 10 milioni di tonnellate di CO2 in più rispetto a quanto si emetterebbe senza il cantiere. Fino al 2030 (in realtà la data sarebbe 10 anni dopo l’inizio, quindi ormai oltre il 2030) ci sarebbe un aumento netto del rilascio in atmosfera.

 

Domanda: questo è compatibile con l’obiettivo dichiarato di una riduzione del 50% entro il 2030? Esistono studi indipendenti sul bilancio globale del carbonio dell’UE che includano la Torino-Lione e opere simili (per indipendenti si intende non promossi da soggetti direttamente interessati a ritorni a breve termine dalla costruzione della nuova linea e dallo scavo delle gallerie)?

 

L’UE intende sostenere un Green Deal che stanzia una quantità rilevante di fondi destinati a promuovere una transizione energetica europea il cui scopo principale è quello di raggiungere l’obiettivo del -50% entro il 2030. L’assegnazione di tali fondi è apparentemente in concorrenza con il rilevante sostegno finanziario previsto per la nuova linea Torino-Lione e per opere analoghe in altre parti d’Europa. Queste politiche apparentemente contrastanti sono compatibili?

 

Implicitamente l’UE sta anche promuovendo una migliore ripartizione modale, soprattutto per il trasporto merci, in quanto ci si aspetta che il trasporto ferroviario dia luogo a minori emissioni di gas serra per tonnellata trasportata e chilometro percorso. Tuttavia, i dati ci dicono che negli ultimi vent’anni o non è stato fatto nulla o ciò che è stato fatto è stato inefficace, dato che in tutta l’area dell’Unione la quota globale della ferrovia rispetto al totale dei trasporti è rimasta nell’ordine del 20% (in Italia è addirittura il 6%). Inoltre, i Paesi che sono entrati nell’Unione dopo il 2004 e che sono partiti da oltre il 40% di peso della ferrovia, hanno successivamente ridotto tale quota al 20%, come gli altri. Oltre a ciò, i dati mostrano che l’impatto, sulla ripartizione modale, dei nuovi tunnel di base in Svizzera è stato finora quasi impercettibile. Quali sono le politiche dell’Unione in materia di ripartizione modale? Esiste uno studio indipendente sull’impatto delle infrastrutture sulla ripartizione modale in Europa? Esiste una valutazione dell’efficacia comparativa di nuove opere infrastrutturali rispetto ad altre misure?

 

La riduzione del rilascio di gas serra per tonnellata è efficace nel diminuire l’emissione totale di CO2 se allo stesso tempo la quantità totale di tonnellate spostate all’interno dell’Unione e oltre i suoi confini rimane costante. L’Unione Europea ne è consapevole o favorisce una crescita continua della quantità di merci (quindi tonnellate) trasportate?

 

Un flusso crescente implica necessariamente un rilascio crescente nell’atmosfera. Se le politiche economiche e di trasporto promuovono flussi crescenti, come possono essere compatibili con l’obiettivo del -50% entro il 2030? Esiste uno studio indipendente sul bilancio del carbonio del sistema di trasporto europeo nel suo funzionamento ordinario? E sul relativo impatto delle diverse politiche?

 

A giudicare da tutte le contraddizioni evidenziate, parrebbe che l’Unione Europea, come le istituzioni italiane, si rifiuti di vedere come l’origine del problema climatico stia nelle strutture stesse dell’economia così come essa è stata ed è organizzata. Al centro di tutto vengono poste crescita materiale e competizione in barba a qualunque valutazione fisica, sostituendo la razionalità scientifica con una testarda fede nella magia e così continuando a difendere ciecamente e in maniera autolesionistica vantaggi a breve termine per qualcuno in un mondo di disuguaglianze inesorabilmente crescenti a danno dei più e di un incombente tracollo ambientale per tutti.