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Il terrore di attraversare più di 11 mila cavalcavia. Altro che Grandi opere

Le crepe del sistema - Manutenzione poca e, soprattutto, ispezioni zero

 

di Daniele Martini  da Il Fatto Quotidiano del 19-04-2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/il-terrore-di-attraversare-piu-di-11-mila-cavalcavia-altro-che-grandi-opere/

 

Ci risiamo: è cascato un altro viadotto. Questa volta è toccato al cavalcavia di uno svincolo Anas dalle parti di Fossano nel Cuneese ed è l’ultimo crollo di una sequela così fitta da far escludere l’ipotesi consolatoria che si tratti di fatalità. Spesso ci scappano i morti: poco più di un mese fa è venuto giù mentre era in riparazione un ponte sull’autostrada A14, vicino ad Ancona, e pochi giorni prima i tecnici dell’Anas avevano imposto la chiusura del viadotto Petrusa sulla statale 122 Agrigentina perché si erano accorti che non stava su, andava abbattuto e rifatto. A ottobre era stata la volta del ponte di Annone in Lombardia precipitato sulle macchine in transito. Alla fine dell’estate scorsa si erano accorti che il giunto di un viadotto sull’autostrada Palermo-Catania aveva ceduto e il viadotto stesso era stato interdetto al traffico. Sulla statale 75 Siculiana-Montallegro avevano trovato i ferri di sostegno del ponte sul torrente Canne mangiati dalla ruggine e anche in questo caso la struttura era stata dichiarata inagibile.

 

Per il viadotto di Fossano l’Anas ha aperto l’inchiesta di rito per tentare di trovare la spiegazione puntuale, per il caso singolo. Che però, è chiaro, fa parte di un fenomeno su cui purtroppo c’è poco da chiarire: la caduta dei ponti è l’emblema di un Paese che non solo non sa più trovare il bandolo per crescere, ma non riesce neanche a conservare il parco di infrastrutture di cui si era dotato con grande sforzo dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi.

 

Sono 11 mila i cavalcavia che si incontrano sui circa 25 mila chilometri della rete stradale dell’Anas, poi ci sono quelli dei 130 mila chilometri delle Province e delle Città Metropolitane e infine le migliaia di viadotti delle strade di pertinenza regionale. È un patrimonio immenso, in parte vecchiotto, in alcuni casi, soprattutto quando si tratta di opere risalenti agli anni Sessanta del secolo passato, costruito in fretta, non sempre con materiali eccellenti. Dovrebbe essere curato e ispezionato tutto questo patrimonio, quello vecchio e quello meno vecchio, per non doverlo ricostruire di sana pianta spendendo fiumi di soldi e per una elementare esigenza di sicurezza non essendo ammissibile che la gente muoia sotto i ponti crollati.

 

È stata, invece, imboccata la direzione opposta: grandi nuove infrastrutture, spesso inutili e sempre costosissime, manutenzione poca e ispezioni zero anche a dispetto del decreto legislativo che sei anni fa le prevedeva per autostrade e strade di grande comunicazione. Lasciate all’asciutto le Province non sanno neppure come chiudere i bilanci 2017 (in totale mancano 691 milioni di euro) e non hanno un soldo per strade e ponti.

 

All’Anas per un decennio, dal 2006 al 2015, il presidente, amministratore e direttore Pietro Ciucci si è perso dietro imprese faraoniche di cui nessuno sentiva l’esigenza, dal Ponte sullo Stretto alle autostrade Orte-Mestre e Tirrenica in Toscana. Ciucci si è adagiato nel solco di una politica tanto ambiziosa quanto fallimentare tracciata dalla legge Obiettivo del 2001 voluta da Berlusconi. A distanza di più di un quindicennio quella norma è stata mandata in soffitta, ma forse più a chiacchiere che nella realtà. Il recente Def, Documento di economia e finanza del governo, screma parecchio il lungo elenco di grandi opere della legge Obiettivo. Ma prevede di costruirne molte altre assolutamente inutili. E dimentica di dire una volta per tutte che in questo momento è la manutenzione la vera Grande opera utile per l’Italia.