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Lettera aperta al direttore di Repubblica

 

Qualche anno orsono, una decina forse, vi avevo inviato una lettera di replica ad alcune dichiarazioni di LTF, che a me erano apparse come il consueto svolazzo di affermazioni vuote, sul progetto  della nuova linea Torino – Lyon. Voi non avevate pubblicato la mia risposta. Ero rimasto con il dubbio che le mie righe non potessero apparire sul vostro giornale perché contenevano dati di autori ed enti più credibili di LTF, debitamente citati. Ma il  fatto in sé non mi aveva sconvolto. Non ho mai provato stima né del giornale né del suo proprietario; e l’idea di dialogare con il salotto di sinistra di Torino, su un qualsiasi tema che non riguardi le prestazioni sessuali di Berlusconi – userà il Viagra ? – non mi è mai passata per la mente.

 

Detto questo, tanto perché sia chiaro il punto da cui muoviamo, confesso che siete riusciti a stupirmi.  Ho ricevuto per posta elettronica un articolo recente di Griseri, dal titolo Il nuovo Frejus divide i No Tav, che è un esempio  di giornalismo di infima qualità, una brodaglia di mezze notizie, mezze verità e mezzi falsi, miscelati in modo da suggerire un falso completo: quello per cui esisterebbe una sorta di legame nascosto, cementato dalla corruzione suppongo, tra i militanti più in vista del movimento No Tav e la società del traforo stradale del Fréjus (Sitaf), uniti nella lotta al progetto del nuovo treno, che sottrarrebbe risorse al traforo stesso. E per sostenere la sua intuizione Griseri è andato a frugare su Facebook come in una discarica, pescando qua e là scampoli di frase attribuiti a persone che, salvo il caso di Simonetta Zandiri – la protagonista di una analoga operazione mediatica contro il professor Zucchetti,  messa in scena alcuni mesi fa – si chiamano Ey de Neyt, Rasta Grindercorpse e infine, massimo della trasparenza e del coraggio civile, Democratici Avigliana.

 

Nelle loro chiacchiere questi ultimi danno per certo che la variante autostradale in galleria di Prapontin, realizzata da un paio di decenni, sia stata frutto di un’intesa tra Sitaf e i vari Santel, Giorno, Cavargna, Cancelli, Dosio. Poi proseguono dichiarando che i camini inutilizzati dalla galleria del Cels sono stati supportati da uno studio sui venti di Claudio Cancelli.  E a questo punto riprende la parola Griseri,  il quale aggiunge con apparente noncuranza come io sia stato anche consulente della Comunità Montana,  e come abbia scritto nel 2004  che il flusso di denaro convogliato nelle grandi opere permetta alla malavita di riciclare il denaro sporco, spesso mediante il noleggio di macchine movimento terra. Infine conclude con magistrale ironia, facendo appello  alla figura retorica di affermare una cosa negandola paradossalmente – mi sembra si chiami  antifrasi- : Cosa che, com’è noto, non avviene negli appalti e nelle consulenze autostradali.

 

Qui ho rischiato di commuovermi. Antifrasi per antifrasi, mi sono sorpreso a pensare: come è colto e intelligente Griseri, ed esperto nelle umane cose! Se non ci fosse stato lui a illuminarmi, sarei morto con la convinzione, francamente errata, che il noleggio delle macchine per il movimento di terra avvenga solo per la costruzione di linee ferrate e non per la costruzione di autostrade.

 

Penso che sia interessante analizzare come il falso venga costruito nell’articolo in questione con una successione di verità parziali. Non lo dico per i giornalisti di Repubblica; loro conoscono bene il mestiere. Ma a qualcuno di noi, che si illude di trovare interlocutori nella Torino dei Democratici, può servire per chiarirsi le idee.

 

I fatti  sono semplici; la galleria di Prapontin venne fuori da un braccio di ferro tra la Sitaf da una parte e le associazioni ambientaliste - che tecnicamente io rappresentavo come membro del Comitato Scientifico Nazionale di Legambiente, mi sembra così si chiamasse - e un movimento popolare nascente, a cui dava voce Nicoletta Dosio, dall’altra. La Sitaf voleva attraversare Bussoleno con un trincerone, noi chiedevamo che fosse realizzato un passaggio in galleria. Dopo una serie di incontri e scontri, la Società del traforo, preoccupata credo dal crescere del movimento popolare, che noi  facevamo pesare quanto gli argomenti tecnici, e anche qualcosa di più, accettò una soluzione che prevedeva l’attraversamento in galleria, e un particolare dispositivo per diminuire l’impatto del traffico sulla qualità dell’aria nell’intorno dello sbocco ovest della stessa. I termini dell’accordo vennero ratificati per scritto e il testo firmato.  In buon italiano questo si chiama accordo o compromesso tra due parti che rappresentano interessi diversi.
 Dopo qualche mese la Sitaf ci comunicò per lettera che non intendeva rispettarlo, se non per quanto riguardava  la mera esistenza del  tunnel. Noi ritenemmo di non avere la forza per riaprire la contesa.

 

Se nel raccontare questa storia si omette di ricordare che si partiva da soluzioni contrapposte e si definisce l’accordo come una intesa, si dà alla vicenda un senso completamente diverso. È vero che i Democratici , e non solo quelli di Avigliana, hanno un cattivo rapporto con la lingua di Petrarca, ma non fino al punto di non afferrare una distinzione di significato che torna nella lingua comune, come nel Devoto Oli. La parola intesa non sta ad indicare un accordo qualsiasi, ma un impegno reciproco, per lo più segreto, a una determinata linea di condotta.

 

In questo modo il senso della vicenda ricordata dai diffamatori che si nascondono sotto la sigla Democratici diviene ben altro. Agli occhi di chiunque non la  conosca, la storia racconta che un gruppo di persone, in combutta tra loro e con dirigenti Sitaf, ha tramato per imporre alla comunità una soluzione costosa, in previsione di spartirsi la torta dei finanziamenti e delle relative consulenze. Può anche darsi che a un politico di professione un tale comportamento sembri normale, ma per me non lo è.

 

Il resto del documento citato ha lo stesso taglio. Per quanto riguarda il sottoscritto, qualunque lettore penserà che, di intrallazzo in intrallazzo, in combutta con la Sitaf, consulente della Comunità montana, alleato delle società autostradali fino al punto di negarne le infiltrazioni mafiose, io sia divenuto ricco.
Non è così. In questa settimana di ferragosto non sono riuscito a trovare un avvocato che mi spieghi quali siano le responsabilità penali e civili di un giornale che pubblica calunnie, sia pure con il miserabile accorgimento di rinvenirle nelle conversazioni private di un gruppo di scemi, ammesso che questi esistano veramente. Gli avvocati che conosco sono tutti al mare, e per di più maledettamente lontano. Con il loro ritorno riaprirò l’argomento; e se la risposta sarà quella che mi aspetto, avrete mie notizie.

 

Intanto, vi consiglio di chiedere al vostro collezionista di pettegolezzi, un vero giornalista di inchiesta, di rimangiarsi pubblicamente tutte le affermazioni che mi riguardano, sia quelle che ha elaborato autonomamente, sia quelle che sostiene di aver trovato nella corrispondenza altrui, o quelle che attribuisce ai democratici di Avigliana.
Perché quando verremo al dunque, non sarà difficile dimostrare che:

  • non ho mai avuto alcun rapporto segreto con la Sitaf;
  • non ho ricevuto alcun compenso per l’attività svolta per il problema dell’attraversamento di Bussoleno, in cui rappresentavo le associazioni ambientaliste;
  • non ho avuto alcun rapporto di consulenza con la Sitaf, né in modo diretto né in modo indiretto, per la progettazione della galleria che fu in seguito realizzata;
  • ho svolto il ruolo di consulente della Comunità Montana,  senza ricevere alcun compenso; spesso non chiedendo neppure i rimborsi dei viaggi, quando questi non comportavano lunghi spostamenti;
  • non ho sostenuto la necessità di costruire camini intermedi nella galleria del Cels, tramite uno studio del regime dei venti della valle, come affermano i Democratici.

 

Quest’ultimo punto mi interessa in modo particolare, perché mostra  ancora una volta come si si possa costruire con una mezza verità una menzogna. Insieme al mio collega Chiocchia ho fatto effettivamente un lavoretto di poco impegno sulla influenza delle eventuali emissioni dei camini del Cels sulla qualità dell’aria dell’abitato di Exilles, spiegando che tale influenza era insignificante. Si trattava di una cosa talmente ovvia che chiunque avesse fatto il mio mestiere avrebbe potuto dire altrettanto solo dando uno sguardo alla configurazione orografica della zona; ma il lavoro ci fu chiesto per dirimere con un parere neutrale e autorevole, una situazione che si era incancrenita per motivi politici, così ci fu detto. Pertanto accettammo.

 

Questo episodio minore, nel racconto dei minus habens che si nascondono sotto la sigla di Democratici Avigliana, viene presentato come un intervento volto a sostenere la necessità di adottare la soluzione più costosa possibile, per  la ventilazione della galleria, quella che richiede la presenza di camini intermedi. Questo è un falso, puro e semplice. L’argomento della ventilazione interna della galleria non è stato neppure sfiorato da me e Chiocchia; i camini erano già stati costruiti, e noi non avevamo neppure lontanamente partecipato né alla loro progettazione, né a una eventuale discussione sulla loro presenza.

 

Ma la cosa più irritante è l’assoluta stupidità dell’accusa  sottintesa, che la dice lunga sul livello intellettuale dei nostri interlocutori. Penso che queste persone abbiano qualche conoscenza o familiarità all’interno della Sitaf, ben più di quanta ne abbia io, che a parte Plano non vi conosco nessuno. Infatti hanno un vago ricordo che io e Chiocchia – che stranamente non è citato – avevamo consegnato una breve relazione. Ma perché riportano a orecchio, e probabilmente non hanno alcuna competenza, la loro idea sul contenuto reale del lavoro è vaga e confusa. E pertanto sproloquiano, senza rendersi conto che la loro ricostruzione è non solo falsa, ma del tutto cretina.

 

Nessuna persona, che non sia iscritto ai Democratici di Avigliana,  si occuperebbe del regime di brezza all’esterno, dovendo studiare il problema del ricambio d’aria all’interno di una galleria – e quindi l’esigenza o meno di prevedere camini intermedi. Le variabili significative sono tutte all’interno della galleria stessa, lunghezza e pendenza, numero di veicoli in marcia simultaneamente, coefficienti di emissione, potenza termica dei motori, temperatura potenziale all’ingresso, potenza degli impianti di  ventilazione, et cet. L’influenza delle condizioni esterne è, usualmente, poca cosa.
Se fosse vero che io e Chiocchia abbiamo fatto un errore simile, avremmo dovuto dimetterci da docenti universitari, per motivi di dignità del ruolo. Se non lo abbiamo fatto, è perché non ne avevamo motivo.

 

Con questo concludo. Non penso che pubblicherete questa lettera;  ma conto di darvi presto altre notizie.
 

Claudio Cancelli