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L’Ansaldo scava  e Chiaia si sbriciola
Ventidue avvisi di garanzia e quasi 200 famiglie sfollate. Sotto accusa i lavori della Linea 6.
Lo scavo ha intercettato tre tipi diversi di falda, di acqua dolce e salata, e si è creato un lago sotterraneo

 

di Adriana Pollice da Il Manifesto del 11-03-2013 http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/9174/

 

Ventidue avvisi di garanzia e quasi 200 famiglie sfollate sono il risultato del crollo dello spigolo di Palazzo Guevara di Bovino alla Riviera di Chiaia a Napoli. Sotto accusa i lavori al cantiere della Linea 6 della metropolitana. Quattro stabili sgomberati venerdì, l’intera area è a rischio. Per ora sono ospitati in albergo a spese dell’Ansaldo, ma è una situazione che non potrà reggere a lungo.

Ieri i periti nominati dalla procura hanno intimato di demolire la parte pericolante del palazzo crollato e chiudere la falla sotterranea che ha allagato la stazione.

Presso la Società di studi politici venerdì il geologo Riccardo Caniparoli denuncia: «Lo scavo di una linea sotterranea richiede una valutazione di prefattibilità, di compatibilità e poi di impatto ambientale. In questo caso esiste solo l’ultimo documento, rubato nel 2009. Il decreto VIA della Regione è datato 18 marzo 2010, successivo al furto».
In origine era la Linea tranviaria rapida (Ltr), mezzo di collegamento tra il centro e la periferia ovest, doveva essere pronta per i mondiali di calcio del 1990. Invece lo scavo si allagò e divenne uno dei tanti scandali di Tangentopoli. Nel 2006, dopo 10 anni di stop, l’Ansaldo trasporti firmò per la ripresa dei lavori cambiando il progetto in Linea 6: sei chilometri di servizio interamente sotterranei, fine lavori nel 2009, costo previsto all’epoca 390,96 milioni di euro.

«Lo scavo - prosegue Caniparoli - ha intercettato tre tipi di acque sotterranee, prima in equilibrio: quelle dolci della falda superficiale, che dalla collina si versavano in mare; quelle salate della falda di intrusione marina con una direzione di flusso opposta, al di sotto delle prime perché più pesanti; le acque della falda artesiana profonda, dal basso verso l’alto. I lavori hanno creato una diga sotterranea, producendo un enorme lago che sale, di conseguenza tutti i fabbricati della zona si allagano». Le acque dolci sono bloccate e le acque salate arrivano sotto la Villa Comunale, provocando la morte degli alberi secolari. Lo scavo, che raggiunge anche i 38 metri sotto il livello del mare, ha sfondato i livelli impermeabili che contengono la falda termominerale, ricca di sostanze aggressive che favoriscono l’invecchiamento delle strutture in cemento armato. Soprattutto, si innesca il fenomeno di subsidenza, cioè il lento abbassamento del suolo, quello che sta disastrano gli antichi palazzi nobiliari delle Riviera. Ma era proprio necessario? «Avevo proposto un percorso alternativo, a monte, nella zona di via Andrea d’Isernia. Si sarebbero evitate le falde e lo scavo si sarebbe effettuato nel tufo, molto più adatto delle instabili sabbie vulcaniche del lungomare». Secondo Franco Ortolani, ordinario di Geologia alla Federico II, «le sorprese geologiche sono incidenti che si vanno a cercare per incrementare il costo delle opere». I lavori, fino al crollo, erano costati 300 milioni di euro a chilometro, il triplo del tunnel sotto la Manica, e ancora non si vede la fine.

Una sorpresa, sgradita, per l’Ansaldo arriva nel 1990. La signora Flora Lauro abita in un palazzo vicino il consolato Usa, a due passi è prevista la stazione. Lo scavo mette a rischio la staticità dell’edificio e allora la signora si procura perizie e avvocati. Il 4 dicembre un’interrogazione alla Camera racconta tutto quello che poi si è verificato oggi. Non solo: viene fuori che il contratto originario siglato tra Atan (l’azienda municipale dei trasporti dell’epoca) e Ansaldo è stato rescisso dopo il disastro dell’interramento della scavatrice, per proseguire si sarebbe dovuto effettuare una gara internazionale, invece l’Ansaldo torna in pista attraverso una transazione tra le parti siglata dal notaio Mario Ferrara e gli affari riprendono lì dove si erano fermati. Per tacitare Flora Lauro la stazione viene spostata un po’ più in là. Lo stesso accade nel 2007 con un edificio di piazza San Pasquale, anche lì doveva sorgere la stazione, ad appena un metro dalle fondamenta del palazzo. I condomini si rivolgono all’ingegnere Bruno Palazzi, docente a Salerno: «Accertai un rischio geotecnico molto grave, consegnai la relazione e il progetto venne modificato». Il professore ha una teoria anche per il crollo: «Il pompaggio continuo delle acque potrebbe aver portato via il materiale su cui poggiano le fondamenta. Probabilmente si è creato un fenomeno di ‘parasifonamento’, se è così il danno è destinato ad aumentare. Lunedì immettevano materiale granulare ma è evidente che bisogna mettere su un gruppo multidisciplinare per intervenire».

La zona era servita dal tram più antico d’Italia, a Fuorigrotta arriva la metropolitana fin dagli anni ’30, perché la Linea 6 a tutti i costi? Un’opera ideata nel 1976 nella Napoli del pentapartito dove Paolo Cirino Pomicino era il referente delle imprese del mattone e delle infrastrutture, come raccontano le inchieste di Andrea Cinquegrani per il mensile La Voce delle Voci: «Tra i primi aggiudicatari degli appalti un certo Michele Zagaria (il vertice dei Casalesi arrestato solo qualche mese fa) che vince la commessa per il noleggio degli escavatori. Un miliardo e mezzo di vecchie lire, tranquillamente pagate dalle tre società consortili costituite dalla crema dei mattonari napoletani (i gruppi Fondedile, Della Morte, De Lieto, Giustino) ai quali negli anni seguenti si sono poi aggiunte altre star delle costruzioni (Vianini del gruppo Caltagirone, Icla, Pizzarotti, Torno, Grassetto, Astaldi)». Costi stratosferici: 1.625 miliardi di vecchie lire per 4.800 metri di strada in galleria.

Negli anni 2000 i progetti vengono affidati alla Rocksoil, che fa capo ai figli dell’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi. Nessun conflitto d’interessi certifica l’Autorità garante della concorrenza e del mercato a firma di Antonio Catricalà (sottosegretario con Monti). Fino al 2010 il funzionario del comune a capo del servizio Infrastrutture è Gianfranco Pomicino, cugino del ministro Dc, attuale presidente della Tangenziale di Napoli. Presidente di Metronapoli è Giannegidio Silva, «fino a inizio ‘90 membro del consiglio d’amministrazione di Icla, la società acchiappatutto del dopo terremoto di Agostino Di Falco, il vero trait d’union fra Pomicino e Italo Bocchino», ricorda ancora La Voce delle Voci.