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Beltrame, la rabbia sfila sulla statale
Corteo contro la chiusura; assenti i Cobas:”Barattano lavoro per Tav”

 

di Claudio Rovere da Luna Nuova del 05-04-2013 – pag 9

 

S.Didero - Uscire per strada, per non ritrovarsi in mezzo ad una strada. È questo il motivo con­duttore della manifestazione che i lavoratori della Beltrame hanno inscenato ieri mattina, marciando, al freddo e per alcuni tratti sotto la pioggia, dallo stabilimento di S.Didero fino a Borgone, in piazza Montabone, dove si è tenuto il comizio conclusivo. Era da tempo che sindacati e lavoratori volevano mettere in scena una manifesta­zione eclatante, che bucasse il muro di indifferenza che sembra rinchiudere i 370 dipendenti di quello che è stato uno dei più grandi stabilimenti valsusini nel proprio presidio, da ormai cinque settimane. Così i lavoratori hanno deciso di mettersi in marcia, bloc­cando per un paio d'ore la statale 25 tra S.Didero e Borgone.

 

Alla fine però non si sono pre­sentati unitariamente, perché se da un lato Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno portato in strada circa 200 lavoratori, con bandiere, fischietti, striscioni e tamburi e la presenza dei sindaci in fascia tri­colore, dall'altro la manifestazione è stata disertata dagli aderenti ai Cobas. Una decisione maturata dopo la proposta dell'assessore regionale al lavoro Claudia Por­chietto, che nei giorni scorsi aveva ipotizzato che la salvezza dello stabilimento valsusino della Beltrame potesse passare anche attraverso eventuali compensazioni per il Tav. «Nell'incontro di Roma la Porchietto aveva parlato di fondi europei, invece dai giornali di oggi apprendiamo che la stessa assessora regionale avrebbe dichiarato di voler usare fondi compensativi della Tav; ora si tratta di aprire un conflitto istituzionale dove ce n'è già uno lavorativo, perché i fondi e ammortizzatori sociali che si pos­sono usare sono altri; in una ditta come questa in cui c'è una grande maggioranza di lavoratori  contrari al treno veloce usare un'arma come la Tav per andare a svilire ancora di più la situazione dei lavoratori non mi è sembrata una mossa molto corretta», lamenta Claudio Calliano, rsu Cobas. «In questo contesto quello che serve è avere la più ampia solidarietà, in particolare dalla valle, quello che non serve è avere chi rimesta nel torbido, chi approfitta cinicamente delle soffe­renze e delle aspettative tradite di questi lavoratori per tirare fuori soluzioni che ormai stanno per essere cacciate dalla storia come le grandi opere ed il Tav in particola­re», aggiunge il funzionario Diego Margon. Una polemica ripresa anche dall'assessore regionale del Movimento 5 Stelle Davide Bono dal palco di Borgone, al termine della manifestazione.

 

La risposta è arrivata dalla stessa Porchietto. «Bisogna che non si creino false illusioni rispetto a quello che l'azienda ha evidenziato nel tavolo di Roma; noi possiamo fare tutte le manifestazioni che vogliamo ma se non proponiamo qualcosa l'acciaieria chiude; il tentativo che stiamo facendo è trovare un punto di congiunzio­ne in cui noi possiamo proporre all'azienda i motivi e trovare le soluzioni perché sia economi­co tenere aperto lo stabilimento, questo perché - e chi era al tavolo con me a Roma lo sa benissimo - è in competizione con lo stabilimento francese che la proprietà Beltrame afferma avere un differenziale complessivo di costi di 25 milioni di euro rispetto a quello valsusi­no. Io ho detto che siamo pronti a ragionare su tutto, e a vedere anche attraverso il sistema delle compensazioni Tav se possiamo tro­vare delle soluzioni, non significa lavorare per prendere i soldi da una parte e metterli dall'altra, significa valutare se all'interno di una que­stione così complessa possiamo trovare degli strumenti anche di pressione sul ministero dello sviluppo economico per fare delle azioni sperimentali sulla valle di Susa che ci aiutino a tenere qui i posti di lavoro».

 

Ma al di là delle polemiche sul come, la manifestazione di ieri mattina ha se non altro certificato che da parte dei lavoratori e delle istituzioni di ogni colore politico c'è la volontà di risolvere una situa­zione difficilissima e per certi versi assurda, come hanno sottolineato anche l'assessore provinciale al lavoro Carlo Chiama e il presidente della Comunità montana Sandro Plano. «La presenza delle fasce tricolori non è casuale in questo momento di grossa difficoltà non solo per la valle dì Susa ma per l'in­tera nostra nazione - ha detto Plano - questa acciaieria, continuiamo a dirlo, grazie anche alla pressione che è stata fatta in questi anni, è una delle più all'avanguardia in termini ambientali; gli investimenti sono stati colossali, e quindi si può dire che ora è in grado di produrre nel pieno rispetto dell'ambiente; i sindacati e i lavoratori hanno facilitato in tutti modi la proprietà con i turni e la possibilità di fare i lavori di ristrutturazione, quindi siamo di fronte ad un contesto as­solutamente ideale per continuare a produrre; voi non siete l'Ilva di Taranto, siete un'altra cosa; siete all'avanguardia, quindi il fatto che si vogliano fare investimenti da un'altra parte penso sia un problema non solo per la valle di Susa ma per tutta l'industria italiana».

 

Intanto i sindacati nell'incontro in Regione avvenuto martedì hanno formalmente richiesto ulteriori quattro mesi di cassa integrazione, fino a metà agosto. Ma il tavolo che sancirà molto probabilmente il destino dello stabilimento valsusino è quel­lo al ministero del lavoro della prossima settimana. Inizialmente era stato fissato per mercoledì 10 aprile ed invece è slittato a giovedì 11. In ballo ci sono i 150 posti di lavoro del reparto acciaieria, che la Beltrame ha dichiarato di voler chiudere, oltre agli oltre 200 delle due linee dei laminatoi, che senza la fornitura diretta dell'acciaieria, secondo tutti gli addetti ai lavori, non avrebbero più di 6-12 mesi di vita. «Quello di oggi è soltanto l'inizio - ha detto in chiusura di manifestazione Edi Lazzi, della Fiom-Cgil - chiediamo ai sindaci e ai valsusini di sostenerci in que­sta nostra battaglia, che non sarà né breve né facile».