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“Io, nonna No Tav picchiata dalle forze dell'ordine”
TITTI GIORGIONE HA PRESENTATO UNA DENUNCIA: "SARÀ DURA, PERCHÉ ERANO TUTTI COL CASCO"

 

di Ferruccio Sansa da Il Fatto Quotidiano del 24/04/2012 – pag. 12

 

Io sono cresciuta così... la polizia è quella che mi aiuta, mi salva nei momenti di bi­sogno. È una salvezza". Titti Giorgione ha 54 anni. Da due mesi è immobile per le ferite riportate durante gli scontri tra No Tav e for­ze dell'ordine a Chianocco, in provincia di Torino. Eppure, parlandole, non capisci se a farle più male siano le fratture oppure il pen­siero, come racconta lei, "di essere stata pic­chiata dalla polizia e dai carabinieri". Titti è uno di quegli "strani" manifestanti che suscitavano confusione nei cronisti nei giorni del­le protesta in Val di Susa. C'erano tanti ragazzi, ma­gari vestiti di nero, con il viso coperto, ma si incon­trava anche gente che non ti aspetteresti di ve­dere mentre blocca un'autostrada e fronteggia le forze dell'ordine: impiegati, casalinghe, an­ziani, bambini. Titti era tra loro, una nonna - per­ché ha un nipotino picco­lo - che dopo il lavoro molla baracca e burattini percorrere sull'autostrada. E prendere botte, stando a quello che racconta nella denuncia che ha presentato. Un fascicolo contro igno­ti, ma Titti continua a ripetere "di non aver­cela mai avuta con la polizia" e spera che adesso gli investigatori la aiutino a individua­re i responsabili: "Sarà dura, perché erano tutti con il casco". Ma Giorgione lancia un appello: "Spero che chiunque abbia girato immagini quella sera, possa inviarcele. Forse si vede il momento in cui mi hanno aggre­dito".

 

È la sera del 29 febbraio. In Val di Susa la tensione è altissima. Sulle prime pagine dei giornali non si parla d'altro. La protesta è concentra­ta lassù, allo svincolo autostra­dale di Chianocco. Da ore cen­tinaia di persone lo bloccano. Tra loro c'è Titti: "Ero appena tornata dal lavoro, sono ausiliaria in una clinica", racconta. Poi ripete: "Guardi che io non sono una persona violenta, sono sol­tanto una donna legata alla mia valle. Non voglio che ci faccia­no passare per black bloc o quelle cose li". Ma che cosa suc­cesse esattamente? "Erano le cinque del pomeriggio quando sono arrivati polizia e carabinieri. Noi era­vamo sull'autostrada. Le forze dell'ordine al­l'inizio ci sono venute vicino, ci hanno in­timato di andare via. Visto che non ci muo­vevamo, ci hanno spostato di peso, quindi hanno cominciato a prendere le nostre ge­neralità", racconta Titti.

 

"Tutto era abbastanza tranquillo", ag­giunge, come dire che in fondo questo lo ave­va messo in conto. Ma certo non aveva pre­visto ciò che, racconta lei, è avvenuto dopo: "Alle nove di sera tutto è cambiato. C'era buio, molti giornalisti erano andati via. All'improv­viso le forze dell'ordine hanno spento i riflet­tori ed è cominciato un inferno. Hanno preso a spingerci, fortissimo, roba da soffocare. So­no arrivate le manganellate, dappertutto, sulla testa, le spalle e il torace. Intanto con gli idran­ti ci sparavano addosso dell'acqua... secondo me c'era dentro qualcosa di urticante, perché faceva un male terribile". Poi Titti Giorgione non ricorda più nulla: "De­vo essere svenuta. Mi sono risvegliata a terra, in mezzo al fumo dei lacrimogeni. Davanti a me c'era un poliziotto che mi urlava... 'lei non può stare qui, lei non può stare qui', ma io appena ho provato ad alzarmi ho visto che il piede andava da un'altra parte, era come gi­rato... le ossa erano staccate, restava appeso soltanto per la pelle. Alla fine per fortuna sono arrivati alcuni dei nostri, cioè manifestanti, a soccorrermi".

 

Giorgione viene trasportata all'ospedale di Su­sa. Il referto parla di "frattura trimalleolare con lussazione". Prognosi di 45 giorni. Ma oggi, dopo due mesi, Titti riesce appena ad alzarsi, "impossibile appoggiare il peso sul piede. Niente lavoro, niente passeggiate con il ni­potino". I medici le dicono che la frattura po­trebbe essere stata provocata dalla caduta. Giorgione, però, non ci sta e cerca testimo­nianze. E ne trova una: "È stato Alberto a dirmi quello che era successo mentre ero svenuta". Che sarebbe Alberto Perino, il bancario che in pochi mesi è diventato uno dei capi della pro­testa. È lui che riferisce: "Titti è stata colpita", forse anche quando stava a terra. Aggiunge Perino: "Io ho cercato di soccorrerla, ma han­no picchiato anche me e mi hanno rotto il gomito".

 

Ma il fascicolo sulle botte alla nonna No Tav difficilmente approderà a qualcosa se non si troveranno delle immagini. Come per le altre venti denunce sulle violenze che sarebbero state compiute dalle forze dell'ordine il 3 lu­glio scorso. La Procura di Torino sta indagan­do, come sui 24 manifestanti arrestati, ma gli agenti - coperti dal casco - non hanno ancora un nome.